La ricerca in superficie è l’unica via per la scoperta di nuove cavità, tuttavia và integrata con la migliore alleata dello speleoricercatore: La Fortuna.
Le pagine che seguono sono la sintesi tragicomica di anni di ricerce, scavi, sbancamenti, disostruzioni, scampagnate a tarallucci e vino…

Tecniche di Ricerca:

Abitanti del luogo
(se li conosci li eviti)
Cronaca semiseria della ricerca “per sentito dire”

La teoria del Calcare Massiccio
(Oggi come oggi le grotte non si trovano più, bisogna farsele)

La Carta Geologica dell’Umbria
(Questa sconosciuta)

Studio delle faglie e fratture del terreno
(Le misteriose bizzarrie dell’acqua e dell’aria)

Abitanti del luogo

La fama raggiunta nelle campagne attorno a Narni fa si che il nostro Gruppo è il punto di riferimento per cacciatori, cercatori di funghi e asparagi, passeggiatori, boscaioli, segaioli e altri ameni personaggi dei nostri boschi che si imbattono in una grotta, segnalandocela prontamente con dovizie di particolari…

Il più delle volte in quella grotta ci si andavano a riparare in tempo di guerra e la grandissima caverna ospitava uomini e animali, anche di grossa taglia, come tori e giovenche i quali, a volte, entrando nella grotta, si perdevano nell’oscurità dei meandri e non venivano più ritrovati. La grotta di solito è costituita da un lunghissimo cunicolo dove da piccoli si andava da bambini con le candele, ma le candele si esaurivano e quindi pochissimi sono andati tanto avanti da vederne la fine, anche perchè alla fine solitamente si apre un pozzo molto profondo, almeno qualche centinaio di metri, dove tutti, almeno una volta nel corso della propria misera esistenza, hanno gettato un sasso per avere la misura della profondità di quel baratro e, sgomenti, non sentendo più il rumore della caduta, hanno, per un attimo, assaporato il limite dell’impalpabile infinito, cioè quella sorta di immortalità traslata dal tempo allo spazio. Altre volte, dalle profonde oscurità del pozzo, si ode il fragore di acque sotterranee, impetuose e misteriose, e anche lì, molti sbadati, sorpresi da tanta magnificienza, accidentalmente lasciano cadere un indumento, un cappello, spesso una borraccia, nel vuoto. Il poverino torna a casa privo del suo cappello e parlando in seguito con amici e conoscenti della scoperta, viene a sapere che l’oggetto è stato ritrovato molto tempo dopo l’accaduto in qualche sorgente lontanissima, almeno tre chilometri, riuscendo a passare miracolosamente anche attraverso il rubinetto della fontanella che dispensa acqua agli assetati, ma, tant’è, queste cose sono successe in un tempo remoto a qualche amico di un conoscente. Al sopraggiungere di queste voci, è obbligatoria almeno una ricognizione, da effettuare debitamente accompagnati dal segnalatore di turno.

Viene fissato l’appuntamento con l’abitante del luogo, il Gruppo si prepara, appuntamento in Piazza Garibaldi alle 7.00, colazione al Bar e si parte con le macchine caricate già la sera prima con molti metri di corda, una trentina di moschettoni, 2 sacche d’armo, lampade supplementari, attrezzi da scavo, gruppo elettrogeno, benzina, demolitore, cavi elettrici, macchina fotografica per immortalare l’evento, bussola, fettuccia, carta topografica IGM e, immancabili, le roncole necessarie a liberare la zona dalla fitta vegetazione. Si giunge sul posto e l’unico che sà dove è la grotta non c’è, perchè ha avuto un impegno improrogabile da qualche altra parte, ma comunque si presta e ci accompagna appena fuori del paese, e, indicando un punto imprecisato, lontanissimo sulla montagna, ci dà le giuste indicazioni e ci mette sul ripido stradello che in breve conduce alla caverna, sentenziando l’ultima raccomandazione: Non vi potete sbagliare, arrivati li ve la trovate davanti…

Inizia la marcia di avvicinamento e dopo qualche ora arrivano i primi dubbi, forse è più giù, più qua, più in là, bho, chissà, ma la voglia di trovarla a tutti i costi ci spinge alle ricerca nella macchia sempre più fitta; Quando il sole è già alto e il gruppo è ormai sparpagliato per tutta la montagna, sfruttando l’occasione per raccogliere anche qualche asparagio, visto che le speranze si stanno miseramente spegnendo, puntuale, da una valletta recondita giunge l’urlo: ECCOLAAA!!!

La corsa affannosa attraverso grovigli inestricabili di spini porta solitamente ad un ingresso alto due metri; curate sommariamente le ferite da flagellazione di vegetali, si entra in un cunicolo lungo una ventina di metri che tristemente chiude, forse franato nel corso dei secoli; Nella migliore delle volte, effettivamente c’è un pozzo alla fine del cunicolo, ma il senso di infinito si insinua tra le menti degli abitanti del luogo già dopo 15 metri di profondità.

Altre volte arzilli vecchietti affermano con certezza di avere la grotta dentro casa, addirittura vi si accede da una porticina dell’ingresso, non è molto grande, ma se la volete vedere.. Piombiamo in casa dell’ometto sotto gli occhi esterrefatti della nuora, condotti nella cavità ci rendiamo subito conto di trovarci nella cantina, spesso scavata direttamente nella roccia o nel tufo e l’unica cosa che ci resta da fare è constatare il livello di liquido all’interno dell’immancabile damigiana di rossofattoincasa; a questo punto bisogna convincere il tirchio individuo a farcene assaggiare almeno un goccetto, tuttavia è facile corromperlo se si aggrega alla bisboccia, promettendo di non raccontarlo ai figli.

La seconda tipologia di grotte è preferibile alla prima, anche la ricerca di cavità artificiali porta spesso allo stesso esito.

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Il calcare massiccio

Nel periodo che và dalla fine del corso annuale alle prime avvisaglie dell’inverno, il Gruppo UTEC è spesso impegnato in disostruzioni paurose e campagne di scavo paragonabili al film “la grande fuga”: Ardimentosi novelli freschi di corso, sulle ali dell’entusiasmo, sospinti dalla tenacia dei più anziani, impegnano più di qualche domenica nella fatidica ricerca di superficie…

Si parte da un normale foro di diametro venti, trenta centimetri, soffiante aria, in una zona ricca di affioramenti di calcare massiccio, poi si inizia a lavorarci di fino; prima si prova con le moderne tecniche esplosive, si fa un bel foro con il piantaspit, molto più significativo se il foro è artigianale e fatto a mano, senza l’ausilio del trapano che ha le pile scariche, quindi un fuochino esperto piazza una microcarica e con conto alla rovescia ufficiale si fa esplodere la polvere. Molto spesso il fuochino ha sottratto al nonno cacciatore alcune cartucce che svuotate ci approvvigionano del prezioso materiale, ma la polvere da caccia, lo sanno tutti, non è buona per questo tipo di operazioni, ci vuole quella più fina, quindi l’esplosione il più delle volte è solo motivo di discussione e di allegria, intrattenimento, spirito di corpo e momento di socializzazione.

Visto il fallimento della tecnica esplosiva, si passa alle maniere forti, iniziano a fare capolino una mazzetta e uno scalpello; I sapienti colpi ammollati in zone significative della roccia demoliscono centimetro dopo centimetro enormi lastroni, permettendo di infilare quasi tutto il casco, esclusa la testa, naturalmente… Il lavoro viene condotto alternativamente, al punto che ogni scavatore si perfeziona in una propria tecnica personale, oppure decide arbitrariamente in quale veso far sviluppare la grotta, mentre gli altri allestiscono un campo base con i sassi di risulta dello scavo, accendono fuochi, consumano pasti frugali, cantano allegramente… L’opera di demolizione risulta più ardua del previsto, si conviene quindi di tornare alle automobili, caricarsi il gruppo elettrogeno e il demolitore e aumentare la potenza distruttiva. Nell’arco di tempo necessario per il trasporto, i più irriducibili tentano il tutto per tutto utilizzando picconi, vanghe, piedi di porco ed altri attrezzi da scasso, spranghe si ferro, vecchi coltelli ecc..

Finalmente arriva il demolitore, una nuvola di fumo bianco ed un rumore assordante e continuo avvertono dell’accensione del gruppo elettrogeno, la disostruzione ha inizio…

Normalmente i mezzi messi in campo hanno la meglio sulla dura roccia, ma il destino è spesso tiranno, e quando già entrano nel buco casco, testa, spalla e quasi torace, quando inizia a profilarsi l’andamento della “grotta”, sul più bello il sasso più grosso, quello casco-non casco si abbassa di colpo e và a chiudere tutta l’apertura guadagnata faticosamente, portandosi appresso terra ed altri detriti… Si inizia a scavare a mano intorno al nuovo sasso arrivato, e alla fine, si cerca di far passare una corda attorno alla roccia che ha ostruito l’apertura… Il macigno, la cui massa stimata non è mai minore di qualche tonnellata, viene estratto di peso tra imprecazioni e bestemmie, per poi venire abbandonato a se stesso nel folle ruzzolare in discesa lungo il fianco della montagna.

Dopo la grandissima faticata, i partecipanti alla prova di forza capiscono che nessuno riuscirebbe ad introdursi in quella crepa, quindi desistono dal continuare e mestamente ritornano alle loro case. Un’altra tragedia si è consumata nella provincia italiana aumentando il degrado e il dissesto idrogeologico, tanti altri piccoli buchi possono essere allargati fino a diventare cunicoli, grotte, abissi, basta scavare con pazienza e con gli attrezzi giusti.

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Umbria

Cercare una grotta dove la si può trovare è sempre meglio che cercarla a caso tra i terreni alluvionali della conca ternana, quindi è necessario conoscere le zone su cui possono esserci fenomeni di carsismo. Un ottimo strumento di aiuto per la localizzazione di tali aree è la mitica Carta Geologica, un puzzle colorato gaiamente, spesso redatto in scale assurde, tipo 1:50.000 o meglio ancora 1:100.000, in modo da comprendere fette maggiori di territorio.santacrocecassianosentierocopia

Individuata una zona si inizia una ricerca sistematica sfruttando ogni mezzo: domande bizzarre agli abitanti del luogo, giornate dedicate alla raccolta di funghi e asparagi, fotogrammetria aerea, osservazione di tutti gli spuntoni rocciosi, rilievo dei fossi tristemente spacciati per forre, con conseguenti discese tra intrecci di rovi specialmente se la ricerca viene effettuata in estate, litigate e dissidi con le squadre di cacciatori di cinghiali che ci vedono entrare all’interno della loro zona di battuta, identificando la zone di battuta di caccia con la frase “figlio mio, tutto quello che vedi un giorno sarà tuo, ma oggi non romperci le palle sennò c’è il rischio che qualcuno ti spara”, studio delle sorgenti e del carattere della portata, delle depressioni carsiche, ricerca di eventuali inghiottitoi o doline…

Molte volte si raggiungono risultati insperati, tipo una bella scampagnata tra le margherite su qualche bell’altopiano, altre volte invece, ci si imbatte in veri e propri campi solcati e raramente, la ricerca conduce anche a piccolissime nicchie o fratture da cui soffia aria gelida.

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Faglie e fratture

Lo studio dello scambio d’aria tra l’esterno e l’interno delle cavità è stato sempre un campo molto delicato, così come la ricerca di sviluppi all’interno di grotte conosciute inseguendo le misteriose vie del vento… ma andiamo con ordine.

La zona che da Narni và verso sud, lungo la Via Flaminia e la Tiberina prima, sulla Strada Calvese poi, fino ad arrivare a Montebuono, è ricca di fratture e fessurazioni: in molti casi si tratta di strettoie impraticabili e le grotte, tutte strettissime e ad andamento pressochè orizzontale, si sono formate attorno a diaclasi all’altezza della primordiale linea di costa, ma tutte le aperture sono interessate da notevoli flussi di aria, quasi inspiegabili viste le dimensioni delle cavità.

La maggiore corrente d’aria della zona è senza dubbio quella dell’ingresso della Grotta di Montebuono, ma notevoli flussi d’aria si riscontrano anche in Località Aravecchia, presso la “soffiatora”, cioè un’apertura impraticabile che si apre sulla strada dopo l’abitato, ostruita da numerosi massi sconnessi che impediscono praticamente lo scavo. Nei pressi, all’interno del Fosso Renaro, lungo il sentiero che da Villa Santa Maria va a Poggiolo, un’altra piccola apertura soffia impetuosa, così come all’interno del Fosso di Poggio, appena dietro il paese, un altro buco strettissimo ci fà sognare con il suo respiro. Le correnti d’aria sono spesso ingannevoli e per quante disquisizioni si possano fare, è impossibile determinare collegamenti di microfratture a così grandi distanze, quindi, a nulla valgono le ipotesi di camini entro cui l’aria si raffredda, dove sopra entra aria calda, sotto esce aria fredda ecc.., l’aria è influenzata in particolar modo dalla pressione atmosferica esterna, e le altre implicazioni sono minime.

Diverso è il discorso delle correnti d’aria all’interno della grotta, dove, vista la stabilità dell’ambiente, è possibile effettuare ricerche sistematiche che, a parte casi eclatanti, non portano quasi mai a scoperte di nuovi rami.samantacampobraca

Ancora una volta si cita la Grotta di Montebuono, ad andamento labirintico, dove per molti anni il nostro gruppo si è avventurato lungo quella che ormai era definita la via classica della cavità, ma ogni volta era impossibile non accorgersi della differenza d’aria tra le prime due strettoie e il resto della grotta. La “colpa” della corrente insolita era data all’intricato sviluppo di rami paralleli, molti non praticabili, oppure ad un ipotetico secondo ingresso, posto più in basso, visto che in alto non c’era proprio nessuno sviluppo. Alcuni anni fà, per caso Gigi infilò la testa in una piccola apertura laterale tra le strettoie dell’ingresso e si accorse che tutta l’aria usciva da quel buco… ci infilammo a turno nel buco togliendo i detriti e trovammo.. la parte nuova della grotta di Montebuono, con qualche centinaio di metri di sviluppo, ma nella stessa grotta, in una zona lontana dall’ingresso, chiamata “l’onda”, di nuovo si avverte una leggera corrente d’aria che, secondo prove fatte da noi insieme a Carlo Gatti del Gruppo Grotte Pipistrelli di Terni, soffia trasversalmente allo sviluppo principale della grotta, infilandosi in una diaclasi praticabile solo per una ventina di metri, verso il centro della montagna e non all’esterno…

Purtroppo l’empirismo di tale tecnica è ben noto, ma spesso l’aria aggiunge un motivo di attrazione e curiosità alla ricerca speleologica, arrivando a toccare anche l’immaginario delle persone che vivono nei pressi delle cavità.

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