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SPELEOLOGI DI SESSANTA ANNI FA


di

Roberto Nini, con aggiornamenti di Andrea Scatolini
foto di Giorgio Pietrocola


Eravamo ragazzi nel '77, quando presi dalla voglia di andare a scoprire cosa vi fosse in quel bosco intricato del Monte S.Croce, venimmo a sapere che dovevamo parlare con un certo Irmo, perché lui di cose ne sapeva molte.

Lavorava all’Elettrocarbonium, come mio padre che me lo fece conoscere, come quasi tutti i papà di Narni, fino a qualche anno fà.

Uomo di poche parole, Irmo ci guardò meravigliato che vi fossero ragazzi con la voglia di andare sulla montagna ma ci accontentò.

-:”Vi porterò a vedere una grotta, io ci sono andato da ragazzo” disse e fissò l’appuntamento per la domenica successiva. Servivano le corde e quando gli dicemmo che non ne avevamo annuì facendoci capire che ci avrebbe pensato lui.

Puntualmente partimmo dal santuario della Madonna del Ponte, io, l’unico diciottenne, portavo la Fiat 850 di famiglia con dentro quattro amici, mentre un quinto seguiva in motorino.

Arrivati al termine della strada carrabile ci avviammo lungo un sentiero in salita nel bosco. La camminata non fu molto lunga ma ci accorgemmo che nonostante Irmo ci sembrasse un’attempato signore dedito a passatempi sedentari, in realtà ci teneva testa e faticavamo a stargli dietro.


Giungemmo ai piedi di una rupe calcarea e ci disse -:”Siamo arrivati chi va su per primo?”. Ci guardammo negli occhi gli uni con gli altri, non ce lo aspettavamo di arrampicarci e sinceramente non l’avevamo mai fatto se non per gioco, qui invece si trattava di arrampicata vera e propria.

Irmo capì subito, non era la prima volta che gli capitava di portare curiosi alla grotta, che si sbiancavano in viso alla vista delle prime difficoltà da superare.

Pensavamo che quel giorno la nostra escursione fosse finita lì e invece fece passare la corda dietro le spalle e come un gatto in un batter d’occhio era alla sommità, nascosto dagli alberi, che ci lanciava la cima.

Ma chi era quell’uomo che ci stupiva per quell’agilità felina, quella padronanza di se stesso e dei luoghi che calcava?

Sono passati molti anni abbastanza per ricordare con nostalgia quei momenti.

Molte cose sono successe nel frattempo. Quei sei ragazzi, fra cui io, hanno fondato un Gruppo, l’hanno visto svilupparsi, diventare adulto, crescere di numero. Oltre 150 persone sono passate al suo interno, molte altre vi hanno gravitato intorno, l’hanno conosciuto ed apprezzato per la sua attività a favore della città.

In venticinque anni siamo cresciuti anche noi, abbiamo passato momenti belli ma anche tanti dolori che ci hanno temprato e trasformato adulti.

Irmo, pur con questi anni in più sulle spalle è sempre lui, pronto a riceverti con un sorriso ed una stretta di mano.

Proprio durante una visita mi ha narrato la storia delle sue avventure, le sue e quelle di un gruppo di speleologi di quaranta anni fà.

Dopo la seconda guerra mondiale, intorno agli anni cinquanta, operava a Narni un Gruppo di Scout che si dedicavano alla vita all’aria aperta ed alle esplorazioni delle montagne narnesi.

Facevano parte di esso dei giovani, alcuni dei quali oggi sono dei rispettabili padri di famiglia tra cui, oltre ad Irmo, al secolo Irmo Ceccaroli, anche Paolo Ceccarelli, in primo piano nella foto del 1954


Luigi Micozzi (per gli amici Fagiolone), Enzo Contavalli, Giorgio Sebastiani, ai quali si aggiunse Tullio Pietrocola, qui sotto mentre avanza con l'immancabile lampada ad acetilene.



Battevano i boschi alla ricerca di nuove avventure, un po’ come avremo fatto noi quasi venti anni dopo, portandosi dietro anche i loro bambini, come possiamo vedere da questa foto che ritrae Giorgio Pietrocola che ci ha trovato dopo tutti questi anni e ci ha fornito gentilmente le foto e tanti piccoli particolari di una speleologia fatta di candele di cera.

Un giorno, facendo arrampicata sul Monte S.Croce, si imbatterono in una grotta, bella, con molte concrezioni, dalla quale spirava un vento gelido. Non c’erano a quei tempi le sofisticate attrezzature speleologiche di oggi ma solo le lampade ad acetilene, residuato bellico.


Il caso volle che uno di loro inciampasse su un sasso strano che si rivelò ben presto un frammento di ceramica.

Ma chi lo aveva portato fin lì?

Passò del tempo e venne a sapere della scoperta il Prof. Carlo Castellani, Ispettore Onorario ai Monumenti dell’Umbria, che si interessò per verificarne l’importanza ed attivare tutti quegli accorgimenti necessari per tutelare un probabile insediamento preistorico.

Il Professore voleva vedere con i suoi occhi quel luogo e voleva che ne fosse cosciente anche il Comune di Narni affinché si rendesse disponibile per proteggere e valorizzare la grotta.

Doveva essere organizzata una spedizione e certamente sarebbe stato arduo issare delle persone inesperte sin lassù.

Al mattino di buon’ora, i giovani scopritori accompagnarono alla grotta Azelio Onofri, Sindaco o forse Assessore, Franco Fravolini, Ingegnere Capo del Comune, Tremari Nino, Bruno Micheli, Tonino Martucci dipendenti comunali ed il Prof. Carlo Castellani che chiudeva la fila.

La missione da compiere era montare un cancello all’ingresso per evitare furti di materiale e nel contempo verificare l’importanza del sito per comunicarlo alla Soprintendenza di Perugia.

Portare quella gente alla sommità di una rupe alta trenta metri era più facile a dirsi che a farsi.

Il Professore fu imbragato e tirato di forza così come gli altri. Indossava un’elegante giacca e cravatta, solo un paio di scarponi al posto delle abituali scarpe da passeggio distinguevano l’abbigliamento da quello di tutti i giorni.

Accertato che quella grotta poteva riuscire a dare delle risposte a tante domande sul popolamento antico del territorio narnese, mentre gli operai istallavano il cancello, il Professore, senza scomporsi, estrasse dal tascapane del formaggio. Si sedette ed inizio a far colazione invitando gli altri ad imitarlo.

La macchina fotografica di Paolo Ceccarelli immortalò quelle scene che sono giunte sino a noi grazie alla cortese collaborazione delle sorelle dell’autore che ne hanno autorizzato l’uso.

Passarono gli anni, purtroppo il cancello fu divelto, la grotta venne sottoposta al saccheggio di scavatori, che pensando di trovare chissà quale tesoro la devastarono, senza rendersi conto che gli oggetti che potevano trovarsi al suo interno erano solo frammenti di vasi di fattura primitiva, preziosi solo per la ricostruzione della protostoria narnese.

Quando diciotto anni fà andammo in quella grotta la storia si ripetè. Senza conoscere i fatti precedenti, tornammo sul luogo, accompagnando dei rappresentanti della Soprintendenza di Perugia dopo averli issati a fatica fini all’ingresso.

Riuscimmo a raccogliere quanto era rimasto grazie ad uno scavo sistematico autorizzato.

Il dottor Tullio Pietrocola morì prima che noi lo potessimo conoscere.

Paolo Ceccarelli, o per meglio dire l’ingegner Paolo Ceccarelli, che lavorava anch’esso all’Elettrocarbonium, alcuni anni fà sapendo della mia passione per le grotte, mi donò dei frammenti di ceramica da lui raccolti e delle foto perché li conservassi, forse presagiva che la sua vita volgeva al termine e voleva che un ragazzo della nuova generazione proseguisse il cammino che era stato da loro intrapreso.

Il figlio di Enzo Contavalli, Giulio, fece parte del nostro gruppo Speleologico per alcuni anni ed io rivesto indegnamente quella carica di Ispettore Onorario che fu di Carlo Castellani, che conobbi nel 1970 in occasione dei preparativi delle manifestazioni per il centenario della nascita del Gattamelata alle quali lui non potè mai assistere.

Ero un ragazzo, con mia madre già sua allieva, gli feci vedere dei fossili che avevo raccolto e lui mi spronò a seguire quel mio istinto di ricerca...

Grazie all'avvento di Internet, Giorgio Pietrocola, figlio di Tullio Pietrocola, ci ha scovato chissà come tra le tante pagine della rete, forse per un Destino che ci guida, e stupito ha ritrovato qui tracce della sua infanzia, ci ha contattato e ci ha mandato le foto che abbiamo pubblicato.

Alle soglie del venticinquesimo anno di attività del nostro gruppo, che a noi sembrava un traguardo veramente degno di nota, scopriamo grazie a questi documenti che in realtà la speleologia a Narni si praticava assiduamente già nel 1954. Raccogliamo volentieri il testimone di quanti ci hanno preceduto, sperando di dare continuità ad una tradizione antica, da trasmettere ad altri ragazzi, e altri ragazzi, e altri ragazzi, fino a superare le barriere del tempo, finchè ci saranno ragazzi e grotte da esplorare...


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